Nello sconnesso e confuso panorama della letteratura italiana, situata temporalmente a cavallo della seconda guerra mondiale, ha sempre assunto un ruolo prevalente la figura dell’intellettuale“organico”.
Un concetto e un termine che, oggi, richiamano alla mente, da un lato, campagne per lo smaltimento dei rifiuti cittadini, dall’altro un’idea di “biodegradabilità” della cultura. L’intellettuale come fertilizzante naturale del populismo romantico (leggi: comunismo) o del populismo tout court (leggi: fascismo). Il destino naturale dell’intellettuale organico è quello di dissolversi nel terreno della cultura che l’ha creato e di scomparire con essa. Questa linea culturale, che è stata anche una linea stilistica per gli autori che ad essa hanno aderito, è stata talmente predominante in alcuni periodo storici, da oscurare completamente l’opera di quegli autori, i “dimenticati”, appunto, che hanno tentato di sottrarsi, spesso con successo, alla sua egemonia. Alcuni nomi a caso, ma non tanto: Delfini, Landolfi, e, in parte, Flaiano. Quale è stato il principale torto di questi autori? Quello di aver voluto ricercare una propria “linea”, una propria originalità stilistica e tematica, che hanno spesso pagato con l’emarginazione da parte della “cultura dominante”. Personalmente, credo che su tali autori e sulla loro opera, vada fatta non solo più di una riflessione, ma anche un’importante azione divulgativa tra le masse dei lettori, prima che se ne perda totalmente la memoria. Di Flaiano, in particolare, oltre ai romanzi “Tempo di uccidere” e Melampus”, vanno segnalate alcune opere a predominante stile aforistico. Una per tutte, “Diario notturno”- Adelphi, considerata a ragione una summa dell’intera opera dell’autore, che propone attraverso brevi narrazioni e folgoranti aforismi, quei temi che verranno poi ampiamente sviluppati in altri testi. Forse il carattere di Flaiano, poco incline a servilismi e a compromessi, può non avere giovato alla sua fama in vita. Rileggendolo con gli occhi di oggi, se ne capiscono perfettamente le ragioni. Personaggio, oltre che piuttosto schivo, sempre caustico nei confronti dell’establishment politico e culturale del suo tempo, non poteva non risultare sgradito a chi era abituato a sentire solo falsi cori di consenso e di approvazione. Leggendolo, un pensiero ha attraversato la mia mente: “Chissà cosa direbbe dei nostri tempi?”. Caro Ennio – permettimi di chiamarti semplicemente così – stai tranquillo. “La situazione è grave, ma non seria”. Come sempre.
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