Tempo d’estate

Tempo d’estate, tempo di letture. Un endecasillabo,  quasi un’introduzione ad altri versi sul tema, che rimbalza nella mia mente quando ci si approssima alla tanto agognata data del solstizio d’estate. Tempo di letture, quindi, ma non solo: anche di riletture. Colgo i pochi intervalli di tempo, tra uno scrutinio e un altro, tra un impegno scolastico e un altro, per rileggere, con occhi mutati e nuovi,  vecchi e cari versi: una rapida antologia di poesie di Eugenio Montale ("Montale – 41 poesie" – I miti poesia edito da Mondadori). C’è dentro tutto il mondo del poeta, in parte come lo ricordavo – la mitica e favolosa "Meriggiare pallido e assorto", residuo di memorie delle scuole medie – in parte scolorito dal tempo trascorso, ma  debitamente rinfrescato dalla recente rilettura. Mondo triste, mondo colto nei suoi aspetti più malinconici, anche nelle primissime liriche, come "I limoni", che dovette sembrare all’epoca una specie di proclama contro i roboanti frastuoni del Futurismo imperante; o quell’altra, bellissima che si apre con versi granitici: "Non chiederci la parola…" ed apre al dubbio grandi spazi, in un mondo dominato da certezze . Ho approfittato per rileggere (o forse leggere? Non ricordo, ne è passato di tempo dalle antologie del liceo) anche la straziante "La casa dei doganieri", quintessenza di ogni ricordo triste del poeta, la bellissima poesia dedicata all’anguilla, animale feticcio che già appare ne "I limoni", quasi avesse attraversato strisciando tutta l’esistenza poetica dell’autore. La chiusura non smentisce la visione realistica della vita che anima i versi di Montale, sembra concludere un’esistenza vissuta all’insegna del pessimismo – realismo di chi continua a sussurrare ad ogni parola: "non  facciamoci illusioni". Una poesia, emblematicamente intitolata "Presto o tardi", pare quasi chiudere la porta alla speranza, ma non certo alla voglia di vivere e di testimoniare la propria esistenza attraverso la scrittura: "… C’è chi ama / bere la vita a gocce o a garganella; / ma la bottiglia è quella, e non si può / riempirla quando è vuota." Da leggere e rileggere spesso.

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