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Si impara a leggere da piccoli, poi il piacere provato nel decifrare i primi simboli sconosciuti si trasforma in fatica… Si fatica a mettere ciascun simbolo accanto all’altro, a comporli in parole e ricavarne dei suoni da tempo noti, scoprendo al tempo stesso come dare corpo a quei suoni. Leggere, a dispetto del titolo, non è, soprattutto all’inizio, un’arte semplice né facile. Le immagini animate dei videogiochi e della tv hanno una magia diversa, richiedono meno sforzo per essere comprese. Ma se si riesce a tenere duro, a superare la fatica dei primi approcci con la parola scritta, allora milioni di segni misteriosi sono alla nostra portata, mondi sconosciuti si schiudono davanti a noi, persone delle quali si è persa ogni traccia, continuano a parlarci da centinaia di anni di distanza, in lingue misteriose che spesso nessuno parla più. Questo è il piacere di leggere, che può trasformare la vita in una ininterrotta conversazione con il passato, un’arte difficile e faticosa in una passione e spesso in un mestiere, con le sue esperienze e le sue competenze. Questo blog testimonia la mia passione per i libri e la lettura e vuole rendere omaggio a quegli uomini, spesso misteriosi, che hanno contribuito a modellare la mia esistenza. E di loro parlerò nei prossimi post…

La prima regola di un vero lettore è che non dovrebbe mai leggere un best seller. Questa categoria di libri va trattata un po’ come il vino di incerta provenienza: lasciarlo invecchiare. Se è buono, col tempo migliorerà, altrimenti si dovrà buttare nell’aceto. Confesso che, pur avendo opposto una strenua resistenza, alla fine anch’io ho dovuto capitolare. Questo perché la seconda regola del lettore è, purtroppo o per fortuna, la curiosità, che lo costringe a tracciare cammini tortuosi che congiungono, spesso senza alcun senso, gli autori e i libri che è solito leggere, non importa se in sequenza o in parallelo. Insomma, vuoi per la curiosità, vuoi per una certa passione per il thriller a sfondo storico, vuoi anche per il Natale, accompagnato dalle relative strenne particolarmente gradite se sotto forma di libri, alla fine mi sono ritrovato sotto gli occhi “Il codice Da Vinci” di Dan Brown, che mi ha tenuto impegnato, vista la cospicua mole, per diversi pomeriggi. Perché, a dirla tutta, a me piace gustare la pagina che leggo, non semplicemente sorvolarla con gli occhi, utilizzando quell’assurda tecnica chiamata lettura veloce. Ma, più mi inoltravo nella lettura, più avvertivo un sapore di insalata scondita che proveniva da quelle pagine. Nemmeno la storia è risultata così avvincente come mi attendevo: non era affatto una novità assoluta, ma piuttosto una specie di riscrittura, attualizzata e più romanzata di un libro che avevo letto almeno una decina di anni fa, “Il santo graal” di Leigh e Baigent, nel quale tutta la vicenda di Gesù e della Maddalena, con le relative implicazioni, era narrata diffusamente. Era anche evidenziato il collegamento di questa vicenda con quelle  dei templari e adombrata, ma neanche tanto, la nascita di una società segreta, della quale Leonardo sarebbe stato gran maestro e che nel romanzo di Brown ha un ruolo di primissimo piano. Se tutto questo, alla lettura del libro sul graal, era parso alquanto romanzesco,  adesso assumeva l’aspetto di un romanzo al cubo. Insomma, che dire? Ho portato a termine la lettura quasi per dovere “professionale”, ma il piacere che ne ho ricavato è stato veramente modesto. Questa fatica è servita solo a riconfermare la validità della prima regola del vero lettore, se mai ce ne fosse stato bisogno. Leggetelo, dunque, questo romanzo al cubo, se avvertite il bisogno di una vera evasione e di una lettura facile. Altrimenti, lasciate perdere.

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