VIAGGIATORI O TURISTI?

Dicono albergatori, ristoratori e commercianti della mia città: “Mancano i turisti”. Replico io: “Non sono i turisti che mancano, sono i viaggiatori”. E non si tratta solamente di una sottile distinzione terminologica, quanto piuttosto di una sostanziale differenza di mentalità e di comportamenti.
Ho conosciuto turisti di varie nazionalità che vagavano in diverse parti del mondo. Ricordo, ad esempio, un gruppo giapponese incontrato durante un mio viaggio in Turchia. Visitavamo la stessa località archeologica, forse Troia o Mileto, non saprei dire.
Il caldo estivo era soffocante, così decidemmo una sosta all’ombra di un folto gruppo di eucalipti, sotto i quali si erano rifugiati anche i figli del Sol Levante, che male sopportavano quell’afa. Da una improvvisata conversazione, scaturita dalla reciproca curiosità di conoscere e di conoscersi, venimmo a sapere che erano “cristiani come noi”; la guida del gruppo, una signora di mezza età, sembrava tenerci molto a farlo sapere.
Il loro frenetico e vagante itinerario li avrebbe condotti prima a Istanbul, poi a Gerusalemme, quindi ad Atene e infine in Italia, da dove, dopo avere visitato le mete canoniche di Roma, Firenze e Venezia, si sarebbero diretti a Monaco di Baviera, per fare infine ritorno in patria. Un tour de force che indubbiamente avrebbe lasciato qualche segno nelle loro memorie, oltre a qualche migliaio di foto da mostrare ad amici, parenti e conoscenti, una volta arrivati a casa. Ma avrebbero mai capito veramente l’occidente così come veniva riassunto dalle loro brochure di agenzia?
Personalmente, anche solo frequentando per qualche tempo una singola località, provo sempre alla fine della visita una sensazione di inadeguatezza, convinto di non essere riuscito a capire il luogo dove ho soggiornato. Ogni città è infinita e lo sguardo che le dedichiamo è sempre troppo breve.
I nostri amici giapponesi, inoltre, viaggiavano con albergo al seguito, essendosi portati dietro bevande e cibi, nel timore di essere contaminati da quelli locali. A questo andava aggiunto il fatto che l’autobus su cui viaggiavano era dotato di cuccette, dalla curiosa forma a loculo, nelle quali i nostri turisti riposavano durante le ore notturne. Che bisogno c’era di alberghi, bed and breakfast, pensioni, ristoranti, osterie, aree di sosta e di tutto quello che serve per intercettare la gente di passaggio e rappresenta la fonte di guadagno di chi vive di turismo?
Il viaggiatore, invece, ha l’abitudine di muoversi individualmente o in piccolissimi gruppi e di andare proprio in cerca di un luogo, ristorante, pensione, camera d’albergo, preferibilmente al centro della città, in cui sostare per immergersi totalmente nell’atmosfera del posto. I turisti vanno e vengono, i viaggiatori restano e, a volte, ritornano.
Essere turista è molto spesso una necessità, legata al poco tempo o al poco denaro o al frenetico desiderio di vedere, o a tutte queste cose insieme. Essere viaggiatore è una delle categorie dell’esistenza. Si può conoscere il mondo frequentandolo da turisti o da viaggiatori, si può conoscere la vita allo stesso modo.
E’ l’eterna disfida tra chi vuole godere il viaggio e chi invece punta diretto alla meta, trascurando il paesaggio che attraversa e le persone che incontra. La vita, però, sempre prodiga di occasioni e possibilità, consente a chiunque di diventare viaggiatore, da turista che era: sta a ciascuno di noi saperle riconoscere e cogliere.

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